In una grigia domenica di metà settembre,
Lorenzo muore.
Tra la sottile oppressione di una Roma
indifferente e le ambigue atmosfere di
passaggio tra l’estate e l’autunno, si
snoda il dramma di una vittima ingenua
ma non innocente, di un ragazzo indifeso
di fronte alle brutalità che si celano nei
rapporti umani e sprovveduto di fronte
all’irrazionale egoismo che conduce a
una solitudine senza prospettive.
La sua vicenda s’intreccia con quella,
altrettanto tragica, di Pippi, un attempato
clochard oppresso da innominabili istinti
sessuali, e con quella più crepuscolare
di Manu, un ventenne affascinante ma
tormentato dal desiderio morboso di
evadere dalla gabbia del dover essere
borghese.
Nonostante l’inquietudine dei personaggi,
costantemente in bilico tra purezza
e dannazione, la scrittura procede
rapida senza mai cedere al sentimentalismo
e raggiunge, nelle ultime pagine,
punte d’intensa liricità. Le scene si susseguono
veloci e creano una sensazione
di attesa continua. Il materiale narrativo,
a volte scabroso, si rivela sempre di
facile decifrabilità. L’autore, cosciente
della relatività di ogni giudizio, si rifiuta
sia di condannare che di compatire e
lascia al lettore il compito di valutare
personaggi e situazioni. D’altra parte,
come afferma verso la fine del romanzo
un’anziana salentina, «nui sapimu quiddu
ca simu ma nun sapimu quiddu ca
putimu essere».